Se non lo voglio installare solo per la caldaia o lo scaldabagno, devo seguire le indicazioni del DM 21 dicembre 1990 n. 443, che è stato emanato per evitare di dar luogo ad inconvenienti di ordine igienico – sanitario ossia di nuocere alla nostra salute ed in particolare che acqua potabile così trattata non venga addolcita al di sotto dei livelli previsti dalla normativa vigente e non venga sottoposta a rischi di inquinamento o di peggioramento della qualità originaria. L’apparecchiatura deve essere innanzitutto installata in locali igienicamente idonei e poi è necessario che siano rispettate queste condizioni: – rispondenza alla normativa vigente dei materiali utilizzati per la costruzione delle parti di apparecchiatura destinate al contatto con l’acqua; – presenza di contatore a monte delle apparecchiature nonché di punti di prelievo per analisi prima e dopo le apparecchiature di trattamento; – presenza di un sistema di by-pass automatico o di un sistema di by-pass manuale; – presenza di un dispositivo in grado di assicurare il non ritorno dell’acqua; – presenza di un documento tecnico dal quale risultino chiaramente la descrizione dell’apparecchiatura, i principi del suo funzionamento, gli allacciamenti, le saracinesche di intercettazione, i rubinetti di presa, i punti di scarico ed ogni altro elemento attinente la funzionalità dell’apparecchiatura stessa; – disponibilità di un manuale di manutenzione con chiare istruzioni per l’uso; in particolare devono essere indicati per le componenti soggette a saturazione e/o esaurimento, le modalità ed i parametri per la loro sostituzione; su tale manuale dovrà essere dichiarata la conformità dell’apparecchiatura alle presenti istruzioni; – installazione dell’apparecchiatura da parte di personale qualificato secondo le regole dell’arte e collaudo da parte dell’installatore con certificazioni di corretto montaggio, secondo le istruzioni del costruttore; – notifica dell’installazione dell’impianto all’unità sanitaria locale di competenza. Questo però non basta; per ciascuna categoria di apparecchiature per il trattamento sono previste ulteriori caratteristiche specifiche:

  1. Addolcitori a scambio ionico:

    • le apparecchiature devono essere dotate di un dispositivo per la rigenerazione automatica, che deve venire effettuata almeno ogni quattro giorni;
    • le apparecchiature devono essere dotate di un sistema automatico di autodisinfezione durante la rigenerazione; in difetto, le apparecchiature devono essere dotate di un idoneo sistema di post-disinfezione continua;
    • qualora per i sistemi di autodisinfezione o post-disinfezione siano previste modalità diverse dall’impiego del cloro o di suoi composti (nonché dell’impiego di lampade a raggi U.V., limitatamente alla post-disinfezione), dette modalità dovranno essere approvate dal Ministero della Salute;
    • le apparecchiature devono essere dotate di un sistema di miscelazione dell’acqua originaria con quella trattata al fine di mantenere la durezza ai punti d’uso nell’ambito di quanto previsto D.Lgs 31/2001, ed il contenuto in sodio ioni non deve eccedere complessivamente il limite di 150 mg/l di sodio (un eccesso di questo elemento potrebbe infatti essere dannoso in per alcune persone);
    • le resine e gli altri scambiatori di ioni devono rispondere alle prescrizioni previste per i tipi utilizzati nel campo alimentare.
  2. Dosatori di reagenti chimici.

    Per i dosatori di reagenti chimici devono essere osservate le ulteriori seguenti condizioni:

    • il dosaggio dei reagenti chimici deve risultare proporzionale alla portata da trattare in qualsiasi condizione di esercizio;
    • i reagenti devono rispondere alle prescrizioni di purezza previste per l’utilizzazione in campo alimentare o nel trattamento delle acque potabili;
    • le confezioni di prodotti impiegati devono riportare in etichetta la composizione quali-quantitativa, nonché il campo di impiego del prodotto;
    • le concentrazioni nell’acqua in uscita dall’impianto dei vari cationi ed anioni aggiunti non devono superare i valori-limite previsti dalla normativa vigente.
  3. Apparecchi ad osmosi inversa.

    Per gli apparecchi ad osmosi inversa devono essere osservate le ulteriori seguenti condizioni:

    • il funzionamento deve essere completamente automatizzato;
    • deve essere presente un dispositivo in grado di assicurare il non ritorno dell’acqua anche sullo scarico;
    • le membrane e gli altri componenti dell’impianto a contatto con l’acqua devono rispondere alle prescrizioni previste per i materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti e le bevande;
    • qualora sia previsto un serbatoio di raccolta a valle del trattamento, l’impianto deve essere dotato di un sistema di disinfezione continua, preferibilmente a base di cloro o di suoi composti o mediante l’impiego di lampade a raggi U.V.;
    • qualora per la disinfezione continua siano previste modalità diverse da quelle testé riportate, dette modalità dovranno esse approvate dal Ministero della sanità sulla base della rispondenza al protocollo sperimentale di cui all’allegato I;
    • nel pretrattamento delle acque sottoposte al processo di osmosi inversa sono ammessi filtri a carbone attivo e microfiltri;
    • le sostanze utilizzate nel pretrattamento devono rispondere alle prescrizioni di purezza previste per l’utilizzazione nel campo alimentare o nel trattamento delle acque potabili.
  4. Filtri meccanici.

    Sono ammessi esclusivamente filtri meccanici con rete sintetica o metallica in grado di trattenere particelle sospese di dimensioni non inferiori ai 50 micron. I filtri meccanici devono essere facilmente lavabili, automaticamente o manualmente.

  5. Sistemi fisici.

    La normativa per gli impianti di trattamento delle acque domestiche risale al 1990, quando non esisteva ancora una normativa specifica per i campi elettrici e magnetici; per limitare l’esposizione della popolazione a campi elettromagnetici non ionizzati, si è stabilito che all’esterno, a 5 cm di distanza da detti dispositivi, non devono mai superati i seguenti valori: Grandezze fisiche Valori limite (di picco) a) campi magnetici statici ed B = 1 mT (pari a 10 G, 800 A/m) a frequenze fino a 50 Hz b) campi elettrici statici ed E = 5kV/m a frequenze sino a 50 Hz c) campi elettromagnetici a E = 300 V/m; B = 2 u T (pari a frequenze superiori a 50 Hz 20 mG, 1.6 A/m). Questi valori sono sicuramente cautelativi per la popolazione generale, anche perché non si rimane per lungo tempo nelle vicinanze dell’apparecchiatura e soprattutto ci si ferma ad una distanza maggiore di 5 cm; alcuni dei limiti indicati nella tabella sono tuttavia superiori a quelli indicati da norme specifiche emanate in anni successivi e valide per persone con problemi particolari. I portatori di pace-maker ad esempio non devono essere esposti a campi magnetici statici superiori a 0.5 mT ed una disposizione legislativa del 1992 fissa a 5kV/m il valore del campo elettrico per frequenze di 50 H al fine di prevenire gli effetti acuti dovuti a l’induzione di correnti cardiache e cerebrali. Anche per l’installazione di questi apparecchi è quindi necessaria una attenta valutazione dei rischi e dei benefici che ne possono derivare.

  6. Filtri a carbone attivo.

    In considerazione dei documentati rischi di proliferazione batterica e di rilascio incontrollato di microinquinanti, i semplici filtri a carbone attivo da soli non sono ammessi per il trattamento domestico delle acque potabili a meno che non siano integrati con altri materiali o dispositivi atti a eliminare gli inconvenienti da essi presentati ossia dei sistemi di disinfezione.

Conclusione

Installo una apparecchiatura per il trattamento dell’acqua potabile che mi fornisce l’acquedotto pubblico, spendo una cifra non proprio modesta, mi accollo costi per il suo utilizzo non indifferenti e… non è detto che abbia un prodotto migliore dal punto di vista sanitario; se poi dovessi utilizzare un sistema di disinfezione a base di derivati del cloro e cioè di ipoclorito (la normale candeggina) potrei anche peggiorarne la qualità, se non altro per quanto riguarda il sapore.